martedì 8 novembre 2016

La Fata Castanea, racconto di BIanca Gualco (3B)




LA FATA CASTANEA
di Bianca Gualco, IIIB

Sulle pendici di una valle verde, scaldata dal sole dal mattino al tramonto e ricoperta di boschi di castagno alti e frondosi e di prati dove si falciava un fieno profumato, viveva un uomo di nome Josephy.

Egli era il padre di sei bambini, che già cominciavano ad imparare il mestiere del padre: si occupavano delle mucche nella stalla, raccoglievano l’erba che il padre falciava e in autunno raccoglievano le castagne che fornivano i grandi alberi dei boschi. Era questo il loro cibo principale, insieme al latte e al formaggio che la loro mamma preparava.
Abitavano in una casa di pietra con un grosso camino ed un essiccatoio dove venivano seccate le castagne che sarebbero servite per il nutrimento invernale di tutta la famiglia.
Erano una famiglia felice perché avevano quanto gli bastava per vivere.
Un inverno freddo e piovoso la madre dei bambini si ammalò e presto morì perché non c’erano medicine per la sua malattia. Rimase il padre con i piccoli, dei quali non si poteva occupare da solo, così decise di trovare una nuova madre per i suoi bambini.
Anche questa nuova madre si chiamava Maddalena, come la loro vera madre.
E così passavano gli anni e altri fratellini arrivarono a riempire sempre di più quella casa; oramai erano dodici i figli, ma grazie al lavoro del padre e ai grandi alberi riuscivano a mangiare e ad avere legna per scaldarsi, foglie su cui dormire e utensili e mobili di quel legno magico che serviva per tante cose: culle, ceste, coffe da vendere al porto vicino, per il trasporto delle merci sulle navi.
Un giorno, però, al padre si presentò un’altra prova: anche la seconda moglie morì ed ecco che, preso dallo sconforto e dalla rabbia, andò nel bosco  e cominciò a prendere a colpi di ascia i tronchi dei vecchi alberi, che cominciarono a gemere sotto la scure.
Allora dal bosco ecco uscire la Fata Castanea, regina di quelle piante secolari, che disse a Josephy: ”Poichè non sei riconoscente verso quello che i miei alberi ti hanno dato, ecco che li farò morire e tu morirai con loro, di fame.“
Così fu: gli alberi uno dopo l’altro si ammalarono e cominciarono a seccare. Per il contadino fu un ben triste periodo, senza più il cibo che fino ad allora gli alberi gli avevano fornito.
Josephy decise di tornare nel bosco ormai secco e cominciò a piangere e a pregare la Fata Castanea di perdonarlo e di concedergli  una seconda opportunità.
Ecco che allora la Fata, intenerita, apparve e disse al contadino: “Poiché sei pentito e poiché ho compassione dei tuoi figli, ti indicherò un posto dove potrai trasferirti. Vedi quel monte alto sulla cui sommità si trova quel forte a guardia della città? Bene, sulle sue pendici getterai queste castagne dorate che ti dono. Là cresceranno alberi grossi, forti e generosi. Avrai una casa grande e tutto ciò che è necessario al vostro sostentamento. Li ti trasferirai e vivrà la tua discendenza”.
Josephy prese allora i figli, le sue poche cose, e attraversarono la valle fino a giungere sulla cima del monte.
I bambini corsero subito  a gettare le castagne magiche e immediatamente nacquero alberi enormi, carichi di frutti.
Lì si stabilirono ed ancora oggi vi abitano i suoi discendenti, che a volte narrano ancora la vicenda del loro antenato.
                                   

Nota dell’autrice: A parte i riferimenti alle vicende magiche questa è la vera storia degli antenati di mia nonna, che alla fine del 1700 furono costretti a scappare dalle alture di Rivarolo a causa della malattia degli alberi di castagno e a trasferirsi a Livellato, sul monte della Guardia