venerdì 1 dicembre 2017

Libriamoci, il mestiere di scrittore, 3A

Il 24 ottobre, nell'ambito della settimana "Libriamoci", abbiamo incontrato la scrittrice e fotografa naturalista Laura Jelenkovich. Eravamo davvero elettrizzati all'idea di trovarci davanti agli occhi una scrittrice, perchè molti di noi amano leggere. Ci chiedevamo quali consigli ci avrebbe dato sia per migliorare la nosttra capacità di scrittura che la fotografia.

Le abbiamo fatto molte domande sulla sua vita e sulla sua carriera. Ci ha spiegato che, se siamo in cerca di ispirazione, dobbiamo tenere gli occhi e il cuore aperto, pronti a cogliere quel patricolare dal quale può scaturire una storia.

Dopo aver lette un brano dal suo ultimo romanzo "Il principe inferenale", edito da Leone e ambientato in parte a Genova, Laura ci ha mostrato alcune delle foto che ha scattato in giro per il mondo. Siamo davvero rimasti a bocca aperta per lo stupore nel vedere immagini così belle della natura. C'erano addirittura foto subacque con gli squali e immagini di leoni e orsi scattate con fotocamera subacque a zoom potentissimi.

 Immagine tratta dal web

Laura ci ha fatto anche ascoltare il suono della terra, cioè il suono che il nostro pianeta emette nello spazio, che è stato registrato con le apparecchiature della NASA, questo per farci capire che il nostro pianeta vive e che lo dobbiamo rispettare e preservare, oltre che ammirare per tutte le meraviglie che ci offre. Il suono era come una musica di carillon, rilassante ma al temo stesso un po' inquitante.

Prima di terminare l'incontro, la scrittrice e la prof. Masnata hanno lanciato un concorso fotografico: "La natura e il cemento". I partecipanti dovranno scattare foto del verde in città cercando, non solo di immortalare una bella immagine, ma anche di trasmettere un messaggio. Laura sceglierà la foto vincitrice. Infine ci sono state regalate alcune copie dei libri "Il rpincipe del male" e "Julian, ai confini tra mare e cielo" che stiamo leggendo con grande interesse.

E' stato davvero molto bello avere la possibilità di fare questo incontro, ringraziamo Laura e la sua casa editrice per averci offerrto questa opportunità.

Asia e Lorenzo.

venerdì 3 novembre 2017

Libriamoci 2017 - Le impressioni della I B




Anche quest'anno la scuola secondaria di I grado “Piero Gaslini” dell’IC Bolzaneto di Genova ha aderito all'iniziativa "Libriamoci - Giornate di lettura nelle scuole", organizzata dal Centro per il Libro e la Lettura, con il patrocinio del MIUR, nella settimana dal 23 al 28 ottobre.
Gli insegnanti hanno proposto un ricco programma di letture e laboratori. Tra i temi proposti, è stato scelto il filone "Lettura e ambiente", che ha offerto lo spunto per attività molto varie e coinvolgenti, alcune delle quali hanno portato i libri e la lettura in luoghi inusuali, fuori dalle aule. Ispirati da una splendida poesia di Emily Dickinson, abbiamo intitolato così il nostro programma:

“Non c’è nave che possa come un libro
portarci nelle terre più lontane...”

In questo e nei prossimi post i ragazzi racconteranno alcune esperienze di lettura.



Gli alunni della classe I B hanno portato il libro Viaggio al centro della Terra di Jules Verne in piazza Rissotto, dove hanno potuto condividere con i passanti il piacere di ascoltare la lettura del prof. Daniele Gatti. Sono fortunati: oltre a essere un bravo docente di lettere, il prof. è anche un attore!

Ecco le loro impressioni:

Giovedì scorso siamo andati a fare una manifestazione in piazza dove abbiamo letto “Viaggio al centro della Terra”. E’ stato carino anche se mi sentivo un po’ in imbarazzo a leggere davanti a tutti, perciò ho fatto finta di niente, però è stato davvero bello e istruttivo. Mi è piaciuto leggere all’aperto.
Lorenzo M.

Questa opportunità è stata molto bella perché leggere è importante e bisogna farlo sapere alle altre persone.
Letizia
Per me leggere all’aperto è stato molto bello perché sentire anche i rumori della natura fa provare una sensazione di rilassamento.
Alessio
Questa esperienza ha significato molto per me perché non avevo mai provato a leggere fuori e devo dire che è stato molto divertente; non c’era rumore, la giornata era serena ed eravamo tutti in armonia. Stare in cerchio tutti insieme mi faceva sentire a casa.
Mattia S.
Per me questa esperienza è stata molto bella e divertente perché leggere è piacevole e poi un po’ d’aria fa sempre bene. Io nei momenti in cui leggevamo mi sono sentita un personaggio della storia ed è stata una bella sensazione.
Gabriela
Leggere all’aperto mi è piaciuto molto per diversi motivi: innanzitutto a me piace molto leggere, è stato interessante e poi vedere la gente che passava, ci ascoltava e osservava era molto stimolante. Lo rifarei volentieri.
Arianna
Questa manifestazione a me è piaciuta moltissimo, è stata una bellissima iniziativa e spero che andremo di nuovo in piazza a leggere; sarebbe bellissimo andare in biblioteca, specialmente a Rivarolo perché è molto grande e ci sono un sacco di bambini e anche molti anziani.
Chiara
L’esperienza mi è piaciuta perché, oltre al fatto che a me piace leggere, è più bello con i miei compagni.

Anakin
L’esperienza mi è piaciuta molto e la consiglio a tutti perché è stata interessante, anche se mi aspettavo qualcosa di più perché si sono fermate solo due persone ad ascoltare e solo per pochi minuti. Comunque non è stato male e spero di ripetere questa esperienza.
Alì
Per me è stato molto bello perché io non sono mai stato a leggere all’aperto sotto un bell’albero con la mia classe e il Prof leggeva molto bene. Vorrei rifarlo e lo consiglierei a molta altra gente.
Vito
Questa esperienza è stata molto bella perché siamo andati a leggere in piazza ed è stata anche una pausa dalla scuola. Mi è sembrato un momento di estremo relax.

Massimiliano









giovedì 26 ottobre 2017

Cantiamo la storia di... San Francesco alla Chiappetta

La scorsa primavera, in una bella giornata di sole, gli alunni di alcune classi hanno presentato alle famiglie il frutto del loro lavoro: si sono improvvisati "cantastorie" per raccontare in modo breve e vivace ciò che hanno scoperto - libri e gambe in spalla - sul territorio della Valpolcevera: un patrimonio da conoscere e comunicare!


Cominciando il nuovo anno scolastico, mentre si aprono nuovi progetti e nuove piste di ricerca, ci piace ricordare un bel momento di condivisione. 

Riportiamo uno dei testi composti dai ragazzi per l'occasione: si tratta della filastrocca con cui la II B ha decantato la storia del convento di San Francesco alla Chiappetta. I ragazzi hanno provato ha scrivere in ottave, ricalcando l'incipit dell'Orlando Furioso e... il gioco ha avuto una simpatica riuscita.


La chiesa, il borgo, i signori, il convento,
l’antico insediamento noi cantiamo
che, come testimonia un documento,
e l’epigrafe che ora vi mostriamo,
fu creato alla fine del Duecento
dai frati francescani dove siamo
su un terreno donato dai Lercari
nobili genovesi poco avari.


Racconta la leggenda che Francesco
passò per Bolzaneto in un suo viaggio
diretto verso il lido barbaresco.
Le terre ricevette per vantaggio
dell’umile ordine nato di fresco
lì dove ancora non c’era un villaggio.
Non è detto che sia proprio vero
e rimarrà eternamente un mistero


però è certo che Ughetto e Costantino
furono seppelliti nel convento;
e di pregar per il loro destino
proposero ai frati in risarcimento.
Anche i Ghersi, gli Spinola, i Semino
richiesero lo stesso trattamento:
tuttora giacciono sotto la chiesa
e per loro una fiamma è sempre accesa.


Presso alla chiesa chiamata “chiappetta”
sorsero case, mulino e osteria
e lavorando l’orto e la valletta
i frati coltivavan l’armonia.
Per via dell’alluvione in tutta fretta
a volte si doveva correr via.
Sulla riva sinistra del torrente
la collina di Murta era adiacente.

Nel Seicento il convento è rinnovato:
un campanile con otto campane
viene aggiunto con il chiostro quadrato;
dalle gotiche forme ormai lontane
allo stile barocco si è passato.
Dipendevano le mura francescane
dal convento del centro in Castelletto
finché l’ordine fu sciolto per dispetto.


I Francesi sul finir del Settecento
requisivano ricchezze e proprietà
agli ordini soppressi, ed il convento,
venduto, di mano in mano passerà;
un giorno fornirà alloggiamento
anche ai poveri matti della città.
La chiesa fu affidata a un cappellano,
che però era di nuovo francescano.


Il complesso fu più volte venduto
case e strade si formavano intorno
ospitò perfino un re decaduto
attendendo dei suoi frati il ritorno.
Infine diede al treno il benvenuto
e sull’altra sponda si trovò un giorno.
Oggi è parrocchia di un grande quartiere
benvenuto è chi la viene a vedere.








mercoledì 14 giugno 2017

Il nome dell'acqua


Anche la nostra scuola ha aderito al progetto della Protezione Civile (patrocinato dal V Municipio Valpolcevera) dal titolo: Il nome dell'acqua.
Scopo di questo lavoro era dara un nome ad alcuni rivi minori della nostra vallata. Le classi 3B, 3D e 1C guidate dalle prof. Di Giacomo, Gandolfi, Bianchi e Manna hanno identificato il Rio Brughi sulle alture di Geminiano.
Il progetto ha comportato un lungo lavoro di studio e ricerca sul territorio che si è concluso con questa bella e interessante documentazione su geologia, flora, storia e geografia di Bolzaneto. All'interno del lavoro è confluito lo studio "Vie d'acqua e vie di ferro" relativo allo spostamento dell'argine del Torrente Polcevera per la costruzione della ferrovia Genova-Torino inaugurata nel 1853.

Buona lettura!


http://www.epubeditor.it/ebook/?static=77124

mercoledì 31 maggio 2017

Immagina di essere in guerra.....classe 2B (a.s.2016/2017)




Nel corso dell'anno, la classe IIB ha partecipato al laboratorio di lettura-ascolto-gioco "Immagina di essere in guerra".
Guidati da Daniela Carucci, i ragazzi hanno ascolato e letto brani del libro "Immagina di essere in guerra" di Janne Teller (Feltrinelli-finalista al Premio Andersen 2015). La riflessione è stata guidata dalla domanda "Se in Italia ci fosse la guerra, tu dov andresti?".
Ecco alcuni stralci degli elaborati dei ragazzi:


“Oggi è venuta una signora a leggerci un libro intitolato Immagina di essere in guerra. Il libro racconta di un ragazzo come noi che, siccome in Italia c’è la guerra, deve emigrare in Egitto.”
Valentina

“Daniela ha chiesto a sei di noi di rimanere fuori dall’aula. Dopo essere entrati in classe anche noi, abbiamo bendato il resto dei compagni, in modo che potessero immedesimarsi in quello che stavamo leggendo.”
Veronica

“Io all’inizio ero un po’ preoccupato, perché non sapevo cosa facevano i miei compagni.”
Riccardo

“Principalmente la cosa che mi è piaciuta di più è stata la lettura del libro che ha ispirato tutto il seguente laboratorio.
La lettura è stata eseguita con un megafono mentre io e il resto della mia classe eravamo bendati.
Il fatto di essere bendata mi ha messo in allerta: le bende erano bianche e non vedere niente, non so, mi dà fastidio. Dopo un pochino sono riuscita a rilassarmi e ho apprezzato molto, mi ha tenuto distante da distrazioni e ho potuto far viaggiare meglio la fantasia per ricreare la storia nella mia testa.”
Sofia

“Forse tra tutti i laboratori è stato il mio preferito. L’ho detto perché mi è sembrato che non fosse come ogni laboratorio, che ci sembra fantastico solo perché saltiamo delle ore di scuola giocando, ma questo l’ho preso come una cosa seria. In quelle due ore abbiamo letto un libro, abbiamo discusso dell’argomento, abbiamo giocato e abbiamo scritto delle frasi sul tema e sui nostri pensieri.”
Alicia

“Questo laboratorio mi è piaciuto perché mi ha fatto ricordare i paesi che affrontano realmente questi problemi, che a noi sono estranei, ma che in alcuni paesi come la Siria sono attualissimi.”
Cristian

“ … è stata un’esperienza bellissima, soprattutto quando ci hanno bendati, perché sembrava di essere in quella storia. Poi è stata bella la parte del saluto perché se si capitava con un compagno con cui magari non si sta sempre insieme, lì si ha avuto modo di starci assieme.”
Aurora

“Abbiamo fatto diverse attività in cui c’era sempre un elemento che le distaccava o ne faceva parte: la musica. Questa cosa mi ha stupito perché non  mi era mai successo di fare a scuola un’attività accompagnata dalla musica. [...]
Mi è piaciuto molto raccontare una storia con Veronica e Agustin [...] perché ognuno di noi ha proposto qualcosa e alla fine è uscito un bel lavoro, una bella storia.
Ovviamente tutte le attività mi sono piaciute, ma una in particolare, quella dei saluti, perché è stata molto divertente e creativa.”
Marta

“All’inizio a fare questo saluto eravamo solo in tre, poi piano piano si sono uniti altri compagni. Questo ci ha fatto riflettere su come si possono sentire gli immigrati che arrivano in un paese straniero, dove è difficile socializzare. Infatti queste persone non sempre vengono accolte bene e spesso hanno difficoltà a inserirsi. Anche a noi talvolta possono sembrare diverse, perché parlano una lingua diversa e hanno una cultura diversa, ma grazie al laboratorio abbiamo capito che, anche con semplici gesti come un saluto, un sorriso o un abbraccio, possiamo dialogare con tutti, nonostante le differenze. ”
                                   Laura

“Dopo la lettura abbiamo scritto sul tessuto bianco (utilizzato per bendarci) un pensiero o un commento sulla storia, poi lo abbiamo depositato all’interno di una valigia e ciò mi ha colpito molto, perché era come se con quella valigia fossimo dovuti partire da un momento all’altro, proprio a causa della guerra, come il protagonista della storia.
[…] Tutto si è concluso con un momento che secondo me è stato dei più belli. Prima a coppie e poi insieme, dovevamo inventarci un saluto a gesti; infatti abbiamo immaginato di non conoscerci e di essere tutti stranieri, di una nazionalità differente dagli altri, quindi non potevamo salutarci parlando perché non ci saremmo capiti, perciò dovevamo farlo utilizzando i gesti.”
Chiara

“Il laboratorio mi è piaciuto molto ed è stato molto interessante. Mi piacerebbe rifare una cosa del genere. Poi tutti abbiamo collaborato e in tanti sono stati con compagni diversi per fare più amicizia.”
Martina

“A coppie dovevamo inventare un saluto e poi, mentre lo mostravamo alla classe, anche altre persone potevano inserirsi e partecipare al tuo saluto, un’esperienza veramente diversa dal solito, ma ricca di emozioni e sentimenti”.
Samuele

A gruppi di quattro persone dovevamo presentare una scena o una riflessione per dire se quella emozione che era descritta sul cartellone l’avevamo già provata o sentita raccontare da altri.
Sai, diario, all’inizio sembrava noioso, ma poi è stato divertente e interessante.
Matteo

Dove mi trovo adesso tutto è diverso: la religione, la lingua, il cibo… Mi mancano tanto i tempi in cu giocavamo a carte in famiglia, mentre ora non è più possibile.
Tommaso, lettera ispirata a “Immagina di essere in guerra”

“Siamo scappati e siamo partiti per la Spagna, perché in Italia c’era la guerra. Abbiamo trovato una casa abbandonata e siamo rimasti lì.
Sentivamo notizie bruttissime: tantissimi morti, gente ferita e case distrutte. Io sentivo la mancanza del mio paese. Avevo paura di non ritornare più a casa mia, mi sentivo sola, non mi piaceva dove stavo, avevo paura per il futuro del mio paese.
[…] Ritornammo, ma era tutto distrutto. Casa mia era danneggiata, ma dopo un po’ di tempo hanno messo a posto tutta la città. Non la guardo più con gli occhi di prima.”

Veronica, testo ispirato a “Immagina di essere in guerra”


venerdì 27 gennaio 2017

Addio ai monti....

 Reinterpretando una partitura manzoniana

Abbiamo giocato a immedesimarci in chi si allontana dai propri luoghi per andare incontro ad un futuro incerto: i monti dei “Promessi sposi” si sono trasformati, sotto il nostro sguardo, nelle colline della Valpolcevera o delle località di montagna che frequentiamo in vacanza. Ognuno ha colorato il quadro con un diverso sentimento, toni realistici o di fantasia. Il risultato ci fa pensare a quanto sono importanti le nostre radici, ma anche al fatto che cambiare orizzonti è un’esperienza importante e comune a tutti.


Addio a Genova

Addio monti, che mi avete ospitato per tutti gli anni della mia infanzia; addio torrenti che scorrete liberi tra i monti... dovrebbero tenervi più puliti, poverini: appena dal cielo cade la pioggia, uscite dal vostro letto e sconvolgete i paesi che attraversate.
Addio ville sparse e biancheggianti sui pendii, che state tranquille e ospitate i vostri cari.
Quanto è triste vedere chi è cresciuto tra voi allontanarsi! Quanto più si allontana dalla costa, i suoi occhi sfuggono, per la troppa tristezza, alla vista del grande faro che da secoli conduce le navi nella retta via; è troppo veder la città, che è stata la tua culla, sfumare lentamente all'orizzonte.
Addio casa natale che mi hai ospitato insieme ai miei cari; dove ho passato i momenti più belli della mia infanzia insieme alle persone che vivevano con me.
È adesso che ripensi ai momenti più belli della tua infanzia, mentre il vento ti soffia tra i capelli e vedi la tua città sfumare lentamente all'orizzonte e una lacrima scende lungo le tue guance.

Giorgia




Addio ai forti

Addio forti, trionfanti sulle alture, tra i quali feci passeggiate ed escursioni.
L’aria fresca del mattino e della sera d'inverno screpola mani e bocca e d'estate danno sollievo dalla calura.
Case e abitanti tutti che mi avete conosciuto, addio!
Quanto è triste e lento il passo di chi è obbligato ad allontanarsi dai propri luoghi natii per trovar la propria la strada.
Addio, casa natia, dove ho vissuto momenti indimenticabili, dove ho imparato molto di ciò che so e dove l'amore non manca mai.
Addio chiesa, dove le campane tante volte suonarono a festa. Addio, mia isola felice, sede
di tranquillità.

Giulio

Addio a Bolzaneto

Addio Bolzaneto, piccolo borgo di Genova, luogo della mia vita e della mia nascita. Qui ho vissuto molti anni della mia vita, molti bei momenti; ora sono costretto ad andarmene, quasi senza respiro, e mi sembra strano lasciare questo luogo pieno di ricordi.
Il posto non era gran che, un ex-quartiere industriale con molta sporcizia e rifiuti; la maggior parte degli edifici erano sporchi e imbrattati con le bombolette spray, però lì c’erano  i miei nonni, la mia bisnonna e tutti i miei più cari amici.
Oggi rivolgerò quest’ultimo sguardo a questo sporco borgo e vorrei salutare tutti i miei amici di persona, ma purtroppo non è possibile.
Ormai è arrivato il momento di andare: sono salito sulla macchina che si sta allontanando lentamente. Andrò  in un’altra città, dove maturerò dei nuovi ricordi.
Quelli della vecchia città saranno sempre con me.

Davide



Addio a Lavagna
Addio ai monti, alle mie colorate colline, alla neve che attecchisce nei freddi inverni sulle mie strade, addio alle ville sparse e biancheggianti sul pendio, addio alle vie e ai quartieri a me cari.
Addio ai volti che non ho conosciuto, addio a chi ha condiviso la propria anima con la mia, addio alla mia famiglia che ringrazio per questa possibilità, addio alle conversazioni e alle voci a me conosciute, che ormai formano un’eco d’addio.
Addio!
La tristezza, il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!
Benvenuta la speranza di una vita, un lavoro, un’esperienza migliore; ed è proprio la speranza, amica del coraggio, ad avermi spinta al di là di quelle mura in cui mai il desiderio di allontanarmi aveva girovagato nel mio stanco e confuso capo.
Quanto più avanzo nel piano, il mio occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell’ampiezza uniforme; l’aria mi par gravosa e morta; s’inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case che al di là di quel sottile vetro, ormai rimasto l’ultima corazza dei miei ricordi, sembrano senza vita, tutte ugualmente uguali, identiche, come quelle strade che paiono labirinti, per chi come me, non le conosce abbastanza, o non le conosce affatto; labirinti nei quali la mia persona sta già naufragando, come pargoli incapaci a restare a galla.
Il dimenarsi dei miei pensieri, giovani gabbiani intrappolati in un corpo fermo, abbandonato al destino, un fato scelto, non per scelta, ma per speranza.
La mia vita lasciata in quella città, che mi ha accolto, e cullato con forti braccia, tutte le speranze del futuro, i progetti, la famiglia svaniti in un secondo, appena il mezzo aveva iniziato ad incamminarsi.
Albe e tramonti, campagne e città, laghi e pianure, mi accompagnano in questa nuova avventura.
Addio, casa natia, dove ho imparato ad udire le melodiche voci e a saperle distinguere, dove anche girata di schiena, ho imparato a conoscere i passi dei miei cari; dove i miei ricordi sono di casa, dove ho trascorso gli attimi più belli, addio alla mia città di mare, addio, addio…
Porterò nel mio umile cuore ogni particolare, ogni volto, ogni melodia, ogni sapore e profumo, che ha segnato la mia storia nel profondo, ogni libro che mi ha resa la persona odierna.

                                                                                                                                     Sara T.


Addio a Cogne
Addio, o monti che vi elevate al cielo con cime ineguali. Io son cresciuto tra voi; nelle estati d’infanzia mi avete accompagnato e per sempre rimarrete impresse nella mia mente.
Con amici e familiari venivo a visitare laghetti e fiumiciattoli, in cui le dighe talvolta facevano impetuoso il suono dell’acqua dei torrenti che scendeva nella Val di Cogne.
Quanto è triste il rumore del motore della macchina carica di bagagli che s’ allontana...
Ripenso alla fantasia che mettevamo nel costruire barchette, attratti dalla speranza che potessero galleggiare. Si disabbelliscono in questo momento i bei ricordi e si tornerebbe allora indietro; quanto più si avanza in autostrada, la benzina dell’auto diminuisce chilometro per chilometro e l’aria, avvicinandosi a Bolzaneto, si fa sempre più torrida, le casette di montagna sostituite dai grattacieli urbani a cui già ho messo gli occhi addosso con disprezzo. Ma chi non avrebbe voluto scappare da questa monotonia giornaliera, quando ormai staccati ci eravamo dalle quotidiane abitudini? Addio, casa di vacanza in cui i pensieri tranquilli sono rimasti…
Di tal genere erano appunto i miei pensieri alla fine delle vacanze estive, mentre la macchina si avvicinava sempre più a Bolzaneto.

                                                                                                                              Federico

Addio a Macugnaga

Addio monti, ispiratori e consolatori, ascoltatori di mille pensieri: addio!                                                                           
Cari amici di chi vi chiama casa, ma anche dei foresti che contemplano il vostro splendore.                                          
Titolo di famiglia meritereste per tutte le volte che a braccia aperte avete riaccolto i figli che come pecorelle smarrite reclamavano la via di casa.                                                                                                                  
Oh torrenti, compagni di lacrime ma anche di giochi bambineschi, il vostro moto che mi cullava e il vostro scroscio che accompagnava i singhiozzi di un bimbo caduto, ferito.                                                                  
Ville sparse e biancheggianti sul pendio, misteri che impegnavano pomeriggi interi per i piccoli investigatori che si chiedevano cosa si celasse oltre quelle mura così intrise di pensieri, parole, sentimenti, lacrime e sorrisi, così intrise di vita.                                                                                                           
Macugnaga, paese mio, come posso dirti addio?                                                                                                    
Il dolore e l’ardore di chi, voltandosi un’ultima volta ad ammirarvi, se ne allontana!                                                            
I ricordi che attanagliano il cuore e la mente già impregnata di dispiacere e coraggio nel compiere l’atto, la certezza che là dove l’anima andrà, non sarà mai casa come tra quei boschi così ricchi di minuziose meraviglie che non tutti riconoscono al primo sguardo.                                                       
Quanto più si avanza nel piano, l’occhio inumidito di lacrime non vede più gli alberi dai colori brillanti, il freddo pungente sottopelle, che ormai svanisce con la speranza di tornare indietro.                                                                                                                                               
Addio casa natia, rifugio fatto di parole ma silenzioso come una notte stellata nella galassia più infinita.                                                                                                                                                                                
Addio a tutto, tutto ciò che mi ha resa me stessa fino a questo istante.
                                                                                                            Benedetta



Addio alla campagna
Io sono costretta da un giorno all’altro ad abbandonare i miei amati monti, ai quali sono molto affezionata, per andare a vivere in città. Mentre sono in macchina con la mia famiglia, do l’addio ai miei monti.
Mi mancheranno tanto.
Non sentirò più il rumore dell’acqua dei miei torrenti, non vedrò le ville sparse sul pendio.
Sarò triste, perché sono cresciuta in mezzo alle mie fortezze ed ora mi devo allontanare.
Nel mio pensiero ricorderò i momenti passati all’aria aperta, dove bastava un mio grido e sentivo l’eco.
Non dimenticherò i miei amati amici e i momenti che ho passato con loro.
I miei amati monti sorgevano dalle acque del lago dove si rispecchiavano ed io, che sono cresciuta lì, non potrò mai scordare le loro cime alte.
Mano a mano che mi allontano le figure diventano sempre più piccole e l’aria si fa sempre più pesante. In città le case sono tutte attaccate, le strade sono caotiche e mi danno un senso di soffocamento.
Addio casa mia, mi mancherai tanto.

Sara R.