Al termine di un lungo percorso tra parchi, alberi e fiori culminato con la visita a Villa Serra, liberiamo la fantasia: ecco i racconti ambientati nel parco storico della Valpolcevera scritti dai ragazzi della 1D
IL CIGNO NERO
Tanto tempo fa dai marchesi Serra venne acquistato il territorio
chiamato anticamente "Cà dè Galli". Nel 1860 il territorio venne dato
a Orso Serra, lui decise di trasformarlo in un grandioso complesso alla moda.
Dopo qualche anno di matrimonio con Virginia Conzio ebbero due meravigliose
figlie di nome Matilde e Clara. Dato che i loro genitori erano occupati ad
organizzare il proprio territorio invece che con i genitori le bambine stavano
con tre fatine; erano magiche, ne esistevano poche al mondo perché la gente
tagliando i boschi dove vivevano, le avevano quasi fatte estinguere. Dato che
non avevano la loro casa nell'albero dove c'era la polvere magica per
volare;questa diciamo riserva si trovava in mezzo alla laghetto. Il laghetto si
trovava in mezzo al parco, non usciva acqua ma usciva polvere magica; non
c'erano papere e anatre perché le due figlie del re erano allergiche, al centro
della fontana c'era una gemma che era il centro di tutto il potere della
polvere magica, prima che morisse ce l'aveva la regina delle fate. Le due
ragazze cresciute in bellezza e in salute , non potevano avere amici, quindi
stavano sempre chiuse nel parco e nella loro casa. Si dedicarono alla pittura
infatti, ogni pomeriggio; di nascosto
perché dipingere in quest'epoca voleva dire non avere abbastanza soldi per
andare a cavallo, ma a loro non piaceva nemmeno, preferivano dipingere e
avevano comunque molti soldi per fare equitazione ma per loro era una cosa
terribile, andavano nel boschetto dietro al laghetto. Si nascondevano sotto i
vestiti la tela e i colori. Un giorno le inseguì un bellissimo cigno bianco,
loro non accorgendosene, mentre dipingevano senza farlo apposta fecero cadere
il barattolo di colore nero e cadde sul cigno e divenne tutto nero. Lo fecero
vedere al re ovvero al loro padre e disse che ciò era una cosa sopranaturale,
perché non esistevano cigni di questo colore, loro gli raccontarono anche il
fatto del barattolo di pittura ma non ci credette. Allora Matilde e Clara lo
portarono al laghetto per provare a toglierli il colore nero perchè se no il
loro padre lo avrebbe intrappolato e venduto ma il colore non andava via.
Allora fecero in modo che non succedesse. La prima volta che provarono ad intrappolarlo,le ragazze misero le briciole di pane nelle tasche dei
pantaloni delle guardie e liberarono le papere e gli morsicarono tutti i
pantaloni; così il cigno ebbe il tempo di scappare. Ci provarono molte volte ma
fallirono sempre, ma le aiutarono sempre le tre fatine con la loro magia. Dopo
molti anni di potere i loro genitori
morirono e al trono passò a Matilde e Clara, si sposarono ed ebbero dei
figli e, al cigno nero non venne più torta una penna!
Marta Nasso
DELITTO A VILLA SERRA
Il
marchese orso non è morto per cause naturali, ma è stato ucciso da un suo
rivale andato a vedere la sua villa ,
forse l’ha ucciso perché la sua villa era
più bella.
Andiamo
a vedere la scena di del delitto: .villa
serra, situata nel comune di Sant’ Olcese.Appena
entrati nella casa i poliziotti ci hanno portato al cadavere.Abbiamo
cercato delle prove, ma non ce n’era neanche una .Quando
mi sono girato, con la coda dell’occhio
ho visto un lembo di tessuto, l’ho preso: era di colore viola e nero, sotto
c’era un coltello con il marchio inglese:
dato che il marchese Orso aveva costruito la casa in stile inglese, aveva anche
gli utensili inglesi.
In
cucina
c’erano posate fabbricate in Toscana.Così siamo partiti per visitare amici,
parenti e soci d’affari, ma non abbiamo trovato niente .Ci
mancava però ancora un testimone: la moglie ci
ha raccontato che il marito aveva
comperato pezzi di parchi in tutta l’Italia.Perciò
siamo dovuti partire per visitare tutti i parchi in cui aveva fatto affari;siamo
andati alla Venaria Reale dove Orso aveva comperato un albero per il suo parco
ma il proprietario non aveva nulla contro la vittima. Poi siamo andati al parco
delle Cinque Terre ma il proprietario era morto la sera stessa in cui gli aveva venduto il materiale:alberi e piante.L’ultima
tappa era in Inghilterra dove Orso aveva visitato diverse case per poi farne una copia in Italia, ispirandosi soprattutto ad un parco chiamato Homeland United Kingdom.Abbiamo
comprato il biglietto e siamo entrati: la casa e il parco erano identici a
Villa Serra. Salendo le scale, abbiamo trovato le guardie che non ci hanno
fatto assolutamente entrare. Il mio assistente, così, è andato a cercare un
altro ingresso, mentre io distraevo i guardiani. Appena
Watson mi fece un cenno io sgattaiolai dentro la villa. In cucina, trovammo le
stesse posate che il marchese Orso aveva in cucina. Cercando il mantello,
trovai una botola sotto la quale c’erano moltissimi vestiti, in particolare mi
colpì un mantello dello stesso tessuto del lembo trovato sul luogo del delitto;
era chiaro chi era il colpevole: il conte Van Hauten, proprietario della villa.
Lo cercammo, ma lui era già in Italia dove voleva uccidere la moglie di Orso. Il
giorno del funerale del povero Marchese, scorsi una figura sospetta, lo rincorsi
sul tetto e lo catturai. Il conte assassino fu processato e condannato a 88
anni. Il Marchese Orso Serra, adesso poteva riposare in pace.
Christian
Patalano
Un
giorno però Marta, mentre passeggiava, trovò la madre uccisa nel lago, urlò e
andò a chiamare il padre e le sorelle, pensarono e ripensarono a chi potesse
averla uccisa e si ricordarono che al cameriere e al giardiniere non stava
molto simpatica, allora chiamarono un amico di famiglia che era un ottimo
detective e che lavorò giorno e notte, osservò sia il cameriere sia il
giardiniere ma non trovò nulla, poi però trovò delle prove: un coltello e dei
guanti sporchi di sangue. Allora andò dal signor Cambler e fece analizzare le
prove, risalivano ad un uomo: allora convocarono tutti gli uomini della festa
si presentarono tutti a parte George Bumber.
Pensavano
fosse lui il colpevole lo invitarono a cena il detective lo analizzò con lo
sguardo: era lui il colpevole. Chiamarono
la polizia e lo fecero arrestare; le tre figlie e il padre vissero a Villa
Serra finche anche loro morirono in un incidente in carrozza il 18 gennaio
1852.
Matilde
Galluzzo
L’antica Villa Serra
In un tempo lontano in una villa chiamata Villa Serra, tutto era buono e
felice, il conte che ci abitava aveva avuto un figlio di nome Arthur. La madre
di Arthur si chiamava Telemina. Quasi tutti i lavori li faceva lei, mentre il
marito dormiva sempre. Un giorno, quando Arthur si svegliò non vide la madre
(che di solito era lì a pulire), perciò si spaventò un po’, ma poi pensando che
si fosse spostata in un’altra stanza, si addormentò. Quando Arthur e suo padre si svegliarono,
andarono in una e non trovarono il pranzo pronto. Così, mentre il conte
piombava di nuovo in un sonno profondo, il povero Arthur cominciò a
preoccuparsi, soprattutto al pensiero di chi si sarebbe occupato della casa,
del giardino (on oltre 1300 piante di 170 qualità diverse) e del cibo ora che la madre era scomparsa. Così
andò dallo sceriffo che, però, non gli credette, allora pensò di risolvere il
caso da solo decidendo di stare sveglio tutta la notte a investigare. La
mattina dopo, dormiva come un ghiro, così comprò un aggeggio che lo
schiaffeggiava per tenersi sveglio, cioè lui chiudeva un occhio e quello gli
mollava un ceffone, praticamente uno schiaffeggia faccia. La notte successiva,
girando e rigirando trovò una botola. Ma per aprirla serviva una chiave. La
cercò per giorni, per mesi e per anni finché non la trovò appesa a un muro,
proprio lì sopra. La aprì e scese la scala: 29.505 gradini. Giunto in fondo
trovò tutte le cose che aveva perso nella sua vita. Andò a chiamare suo padre
che, naturalmente, dormiva. Quindi si rimboccò le maniche e cominciò a portare
su tutte le cose. Ed ecco, anche sua madre! Si era nascosta laggiù per
costruire un marchingegno che facesse stare sveglio suo marito. Finalmente era
finito, lo provò e funzionava. Da quel giorno tutti vissero felici e contenti ,
tranne il padre, che adesso era costretto a lavorare.
Francesco Provenzano
Le imprese del
Re Serra
Alla fine del 1800, la
famiglia Serra fece costruire un palazzo e una villa a Genova. Ben presto si
accorsero che la guerra contro l’avanzata di Napoleone avrebbe recato loro
tanti problemi. Allora, il Re Serra preparò cinquemila settecento soldati e
fece costruire ottanta torri di guardia e procurò novanta barili di dinamite.
La tenuta dei Serra non era più una villa, ma un campo di guerra. Poi, il re
cercò degli alleati, ma durante la ricerca incontrò Napoleone che lo fece
prigioniero.
Quando la promessa sposa
del re venne a sapere che il suo amato era stato imprigionato, decise di
partire con il fratello gemello del re, Federico e con 500 soldati per andare a
salvarlo. Essi si imbarcarono nel porto di Genova in direzione della Corsica.
Qui si trovava il castello di Napoleone in cui il re era stato catturato.
Federico, con i suoi
uomini, si accampò nel bosco vicino al castello. Quando giunse l’alba, essi
assediarono la fortezza e nel momento in cui Federico incontrò Napoleone, essi
si sfidarono a duello. Napoleone morì con un colpo letale e il principe e i
suoi soldati sconfisse gli uomini di Napoleone, liberò suo fratello e con luii
si impadronì del castello. La famiglia Serra, vittoriosa, ritornò a Genova
trionfante nella sua bella villa.
Mattia Marrale
Un racconto
fantastico
Tanto tempo fa Villa Serra era abitata da una
famiglia nobile che si chiamava Rosselli.Questa famiglia possedeva sei cavalli ben decorati e
una carrozza tutta in oro.Un giorno Agostino, Maria e i loro figli Alessandro
e Michela andarono a fare una passeggiata attorno alla grande villa.Mentre camminavano, inciamparono in un solo di
terra, così si chiesero se dentro nascosto, i fosse qualcosa; allora, tutta la
famiglia si mise a scavare con una pala a testa. Alla fine, quando ebbero
finito, trovarono il tesoro!Lo portarono nel loro palazzo e lo nascosero,
dopodiché si rifugiarono in casa per pranzare. Dopo il pranzo, Alessandro e
Michela andarono in camera al terzo piano dell’edificio.
Nella loro camera, accanto al letto, trovarono una
grande porta, con una chiave infilata nella serratura. Allora, i due fratelli
aprirono la porta ed entrarono: dentro trovarono un altro mondo, un mondo
fantastico, on unicorni volanti dal corno d’oro, fate ed animali parlanti
colorati. A Michela questo mondo piaceva un sacco, mentre ad Alessandro non
piaceva affatto. I due fratelli si misero sopra un unicorno volante e lo
cavalcarono, mentre lui faceva loro molte domande. Questo unicorno era molto
simpatico, si chiamava Endol, era azzurro con un occhio verde e uno blu.
Michela e Alessandro fecero amicizia anche con una fata molto simpatia.
Alla fine del giro, tornarono alla villa dove raccontarono tutto ai loro
genitori che, però, non li credettero.
Giulia Privitera
Il fantasma di
Villa Serra
Quando il Marchese Orso Serra tornò dal suo viaggio a Londra, fece subito
cominciare i lavoro di costruzione del parco, ispirandosi ai terreni inglesi;
le persone incaricate della costruzione erano due architetti provenienti uno da
Londra (ma nato in Italia) conosciuto durante il viaggio, l’atro originario di
Savona. Iniziarono i lavori nella parte entrale del parco, dove anticamente
c’era una fontana. Iniziarono posizionando delle composizioni floreali in stile
inglese, con fiori molto colorati, poi cominciarono a piantare gli alberi:
cipressi, sequoie, pini, cedri, magnolie e aceri. I due architetti lavoravano
anche di notte posizionando fiori anche
vicino alla lapide di Agostino Pinelli. Mentre piantava i fiori, l’architetto
inglese sentì strani rumori provenire dalla lapide, ma non disse niente, poi
vide muovere la terra e andò a chiamare il suo collega che non gli credette e gli disse di tornare al suo
lavoro. Così, il povero londinese cominciò nuovamente a lavorare, ma subito
vide di nuovo la terra che si muoveva e sentì una strana voce provenire dal
sottosuolo, ma non riuscì a capire cosa stava dicendo. Tornò, allora dal savonese
che, stufo di sentire le sue lamentele, andò a controllare; non vide nulla,
fino a che mettendo a dimora un’ortensia vide che la terra si muoveva per
davvero. Così i due corsero a chiamare il Marchese Orso e gli raccontarono
quello che era successo. Incredulo, il Marchese disse loro di tornare al lavoro
e di spostare la lapide di Agostino. Nel momento in cui i due architetti
cominciarono a muovere la lapide, ecco comparire il fantasma di Pinelli che,
volò nella villa a spaventare il Marchese Orso e a dirgli di lasciare la lapide
al suo posto. Il Marchese, terrorizzato, chiamò gli architetti e ordinò loro di
rimettere subito la lapide al suo posto. Così fecero e nessuno mai più vide il
fantasma di Agostino Pinelli.
Alessia Caponigro
Assassinio a
Villa Serra
n una notte del 1811, quando il palazzo di Villa Serra era appena stato
ristrutturato, Agostino Pinelli sentì un rumore provenire dalla cucina e chiese
a sua moglie se stava bene. Carla non rispose, così si preoccupò e andò a
controllare. Quando entro in cucina, trovò sua moglie morta on un coltello in
mano. Tutti, compreso Agostino erano convinti che si fosse suicidata. L’unica
persona a non credere a questo presunto suicidio era l’investigatore Carlo
Cusani che accanto al sangue freso della vittima, trovò anche alcune gocce di
sangue secco. Anche Agostino cominciò a dubitare che sua moglie si fosse
suicidata perché la loro era una vita felice e non ne avrebbe avuto alcun
motivo. Però non avevano nemici, erano brave persone….a pensarci bene, forse un
nemico c’era, Enrico Cerino che aveva perso molti a soldi giocando a poker con loro. Era
convinto che Agostino avesse barato!
Il giorno dopo, il detective
Cusani andò a casa di Enrico. Cercò di fargli qualche domanda e alla fine
l’assassino si tradì con le sue stesse parole. Venne messo agli arresti
domiciliari dal giudice Sentes, un uomo grosso e di bassa statura. Quando
Agostino venne a sapere la verità, tentò il suicidio, ma prima voleva
assicurarsi che Enrico pagasse e si pentisse per il suo delitto. Poi, una sera,
Agostino andò alla finestra e si buttò per raggiungere la sua amata Carla. Il
detective Cusani, assistette impotente alla tragedia.
Una lapide sulla casa ricorda ai suoi futuri abitanti la tragica storia
di Agostino e Carla Pinelli.
Federica Bozzolo
Lo Gnomo Pof
a Villa Serra
Tanto
tempo fa, nel lontano 1811, in quella terra che si chiamava “Cà de’ galli”, nel
profondo del bosco, viveva uno gnomo con la barba lunga e blu, il naso rosso e
dei piccoli occhiali da vista. Quello gnomo si chiamava Pof e vide la grandiosa
storia di Villa Serra.
Un
giorno, mentre fumava la sua lunga pipa Hobbit, Pof sentì delle voci al margine
del bosco e, spinto dalla curiosità, andò a vedere di cosa si trattava. Quando
arrivò vide due uomini: uno basso e magro e l’altro alto, robusto e con una barba folta che
assomigliava ad un orso. Il signore “orso” stava firmando un documento che
aveva in mano l’altro uomo, poi, si strinsero la mano e “orso” guardò
soddisfatto il bosco.
Il
signore “orso” era infatti il Marchese Orso Serra che aveva appena comprato il
bosco per costruire una grande villa. I lavori cominciarono subito. Gli operai
tirarono giù gran parte delle piante ma la casetta di Pof non la vide nessuno
perché il marchese volle lasciare un pezzo di bosco per avere un po’ di fauna
selvatica, così Pof passò inosservato e assistette alla costruzione di Villa
Serra, a volte anche interferendo nei lavori. Una volta, mentre gli operai
erano in pausa, sbirciò nel progetto della costruzione della casa per il
marchese e scoprì che era stato fatto un errore nelle fondamenta e la casa
sarebbe crollata, così lo corresse e la casa è in piedi tutt’oggi.
Quando
la villa fu finita e al posto del bosco sorsero abeti, cipressi, tassi e
sequoie, Pof si divertiva a passare da un albero all’altro, ad annusare fiori
variopinti e a parlare con animali strani nelle voliere o nei laghi. La villa
era diventa un bellissimo parco dove viveva il Marchese Orso, sua moglie e i
suoi figli. Così Pof riprese la sua vita di relax e pipa, finché, un triste
giorno, il Marchese morì (1882) lasciando in eredità il parco e la villa alla figlia Caterina. Gli anni con Caterina
furono anni tristi, il parco si ingrigì: i cigni bianchi diminuirono e
aumentarono i neri, le ortensie davano solo fiori blu scuro e il bosco si
riempì di muschio.
Quando, nel 1938, Caterina morì nubile il
parco passò all’Opera Pia” Lascito Matero Sciallero Piccaro”. Nella villa
arrivarono i bambini e, con il loro entusiasmo infantile riportarono la
felicità nel parco. Un giorno le suore portarono i piccoli nel bosco a fare una
gita e scoprirono Pof, ma le suore di buon animo non lo dissero a nessuno e Pof
diventò grande amico dei bambini.
oi
scoppiò la guerra e i militari mandarono via i bambini e trasformarono la villa
nel loro quartier generale. Pof, per l’ira, fece loro molti dispetti: un giorno
quando i militari si svegliarono non trovarono più le loro scarpe sotto i letti
perché Pof le aveva buttate nel lago, un’altra volta mise i dischi per il tiro
al piattello dentro ai pancake che i militari mangiarono al mattino, ma uno
gnomo non poteva sconfiggere un esercito e i militari distrussero gran parte
del parco.
Finita
la guerra il parco devastato fu abbandonato e Pof andò in una baita segreta nel
punto più buio e folto del bosco, deluso. Nel 1982, con l’iniziativa di un
anziano cittadino di Serra Riccò (che era un dei più giovani bambini che
avevano vissuto a Villa Serra) e dei suoi figli, i comuni di Genova,
Sant’Olcese e Serra Riccò ristrutturarono il parco e, nel 1992, fu aperto al
pubblico. Durante l’inaugurazione alcune persone affermarono di aver visto un
ometto piccolissimo con la barba blu.
Dal
1995 al 2004 gli operai (e Pof,
naturalmente) continuarono a intervenire per migliorare il parco e
adesso Pof gira felice tra le sequoie, i cigni e le ortensie variopinte.
Geremia
Cappagli
I signori scapparono in casa e per un altro lungo periodo non si ebbero più notizie del killer di Peter. I signori ebbero altri due
figli e presero un cane; il primo figlio secondo loro era più importante del
secondo e questo era il motivo per cui Peter decise di rovinare la famiglia. Il
padre non ne poteva più di stare in quella villa, così scappò e rimase la madre
con i due figli; lei era dell’ idea che
il primo figlio fosse più importante,
infatti (il primo figlio) dormiva
con la madre. I ragazzi scoprirono tutto del accaduto di prima che nascessero,
così iniziarono ad avere timore anche
loro. Una sera mentre dormivano la madre sentì
il letto bagnato e penso che il
figlio fosse impaurito ma poi scoprì che era sangue e il figlio era morto.
Ormai questa famiglia era maledetta da
Peter che non si sarebbe dato pace
finche non avesse finito quello che aveva iniziato; la sera dopo, il secondo
figlio, terrorizzato, dormì con il cane sotto il letto e ogni volta che sentiva
un rumore che lo impauriva metteva la
mano sotto il letto e il cane gliela leccava e il ragazzo sapeva che non c’ era
nessuno ed era tranquillo ma da sotto il letto spuntò un biglietto con
scritto:-“i cani leccano anche da morti” e così il ragazzo vide il cane morto
sotto il letto con la lingua di fuori e anche la madre impaurita allora …
Ad un certo
punto il ragazzo si svegliò e capì che tutta questa storia è
solo un suo brutto sogno.
Riccardo
Mistico